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I pagamenti nelle transazioni commerciali

Un tema di assoluto interesse, per qualsiasi impresa ma, anche, per ogni professionista, è senza dubbio quello dei pagamenti nell’ambito degli affari e transazioni commerciali.
Proprio in ragione di tale rilevanza, la normativa, tanto comunitaria quanto nazionale, si è occupata di specificamente disciplinare la materia.
Osserviamo, con la consueta sintesi, i punti fondanti di tale regolamentazione.
Si definisce “transazione commerciale”, qualsiasi contratto stipulato tra imprenditori (compresi i professionisti) o tra imprenditori e pubbliche amministrazioni, che abbia ad oggetto, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la fornitura/prestazione di servizi, appalti e/o esecuzione di opere.
Il periodo di pagamento non può superare i termini indicati dal d.lgs 231/02 (art.4), individuati, dalla norma, in un massimo di 30 giorni dal ricevimento della fattura o nota proforma ed, ove sia incerta tale data, dal ricevimento della merce o della prestazione del servizio: è molto importante, quindi, che vi sia sempre evidenza documentale di tali avvenimenti/adempimenti; termini convenzionali, ossia pattuiti tra le parti, possono superare i 30 giorni di cui sopra, fino ad un massimo di 60, che possono essere superati solo sulla base di una clausola scritta specifica, approvata dalle parti e non “gravemente iniqua” per il creditore (il termine non può essere palesemente eccessivo e non può esservi alcuna rinuncia agli interessi di mora e/o ai danni patiti per il ritardo).
Un termine di pagamento superiore ai 60 giorni non è mai ammissibile a danno di un lavoratore autonomo o di una PMI (art. 7 comma 4 bis d.lgs 231/02).
Gli interessi moratori decorrono senza la necessità di preventiva costituzione in mora, a partire dallo spirare del termine pattuito (o, diversamente, legalmente previsto): le parti possono concordare interessi di mora più alti di quelli legali, il cui tasso è indicato, per le transazioni commerciali, con comunicazione semestrale del Mef che specifica la parte variabile degli stessi, che va a sommarsi ad una parte fissa individuata nella misura dell’8% (dal 2012, precedentemente si attestava al 7%).
Il primo rimedio giudiziale, a fronte del perdurare di un mancato pagamento, è senza dubbio il ricorso per decreto ingiuntivo, che mira ad ottenere un provvedimento, anche in caso di debitore estero, che imponga l’adempimento in tempi brevi, trascorsi i quali ed in mancanza di opposizione giudiziale fondata, si potrà ipotizzare di procedere con i possibili pignoramenti, mobiliari e/o immobiliari, a danno dei debitori inadempienti.